venerdì, marzo 10, 2006

Il Partenone era a colori

ATENE, 24 febbraio 2006 - Il bianco del Partenone è uno dei ricordi più nitidi di chi abbia visitato Atene e la sua acropoli.

Ma il Partenone era in origine colorato, in alcune parti, in blu, rosso e verde.
Lo ha rivelato oggi in capo della equipe di archeologi incaricata del restauro del più celebre monumento della Grecia antica, che risale a 2400 anni fa.

'Una recente operazione di pulizia con il laser ha rivelato tracce di ematite (rossa), di blu d'Egitto e malachite- azzurrite (verde-azzurro) su sculture del fregio ovest', ha detto l'archeologa Evi Papakonstantinou- Zioti.
Se tracce dei primi due colori erano già state scoperte in altre parti del tempio - ha spiegato l'esperta - la presenza di malachite-azzurrite è stata rivelata solo in quest'ultima fase dei restauri.

Tenendo conto delle testimonianze di diversi scrittori e storici, è assai probabile che anche le colonne del Partenone fossero colorate. Equipes di archeologi e studiosi sono impegnate dal 1987 per rimediare ai danni causati ai marmi del tempio dalle intemperie e dall'inquinamento atmosferico. Il restauro completo del Partenone - dedicato alla dea Atena Parthenos, protettrice della città - dovrebbe essere ultimato nel 2009.

da Quotidiano Nazionale

LARA CROFT - TOMB RAIDER

E’ moderna, disinibita, fa l’archeologa, parla molte lingue ed è sempre in giro per il mondo in cerca dell’ennesimo reperto, in più ha studiato in scuole esclusive ed è molto, davvero molto ricca, oltre che bellissima, ça va sans dire, abile nelle arti marziali ed addestrata militarmente. Se aggiungiamo a questa forma ideale di donna dei sogni le forme di un’icona del cinema contemporaneo come Angelina Jolie, non c’è dubbio che la nostra protagonista, ovvero Lara Croft, se non fosse già l’eroina di un videogame, sicuramente lo ispirerebbe. Tomb Raider ha invece costituito la fonte videoludica dell’omonimo film di Simon West, specialista in action movies (vedi Con Air): il regista americano ne ha ricavato una pellicola estremamente spettacolare e caratterizzata da un utilizzo davvero invasivo degli effetti speciali, mirabolanti ed ipertecnologici come richiesto dall’operazione, insomma un film che sembra un gioco virtuale per la maggior parte della sua durata. La storia, in sé, non ricalca nessuna delle versioni finora uscite del videogioco, di cui è dunque lecito attendersi un nuovo episodio sull’onda della traslazione cinematografica. La trama di Tomb Raider è particolarmente scontata e manichea: Lara Croft, ritrovato un antichissimo cronografo nascosto dal suo scomparso genitore Lord Croft, ha la chiave per diventare la padrona del tempo in seguito alla rarissima congiunzione astrale e dovrà difenderla dagli Illuminati, un’organizzazione segreta capeggiata dal cattivo della situazione, Manfred Powell. La fine è annunciata e la via per arrivarci è la più spettacolare (e scontata) che si possa immaginare. Presupposto fondamentale per godersi l’intrattenimento offerto da questa versione in gonnella di Indiana Jones è non attendersi situazioni verosimili, semplicemente perché non ve ne sono: la bella ed atletica Lara Croft tiene testa senza problemi ad un intero corpo speciale, si confronta con letali ordigni robotici, risolve ardui enigmi archeologici ed affronta in un serrato corpo a corpo il cattivo di turno risultando sempre in perfetta forma estetica. La sequenza più spettacolare ed adrenalitica è sicuramente il combattimento sospeso nell’atrio della villa della protagonista. Tomb Raider presenta anche una corposa citazione a Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta, con Lara che elimina l’ennesima statua animata armata di spada con un calibrato colpo di pistola nello stile del vecchio Indy. Patinata e di livello la colonna sonora.

QUANTO E' FAMOSA L'ARCHEOLOGIA ?

Dedichiamo questo blog alla fama dell'archeologia in Italia e nel mondo.
Quanti personaggi famosi sono appassionati di archeologia ?
Quanto l'archeologia ha caratterizzato la storia ed il costume più recenti ?
Seguiteci e ne vedrete delle belle !

Grazie e saluti, l'Autore





Archeologia del Natale

La notte della luce

L'anno della nascita di Gesù (anno zero della nostra era) e' stato fissato al 754 'ab urbe condita' (cioè dalla fondazione di Roma) solo nel VI secolo dal monaco scita Dionigi il Piccolo (Dionysius Exiguus), in base a un passo del Vangelo (scritto in greco da Luca non contemporaneo di Cristo), per il quale il Battista avrebbe iniziato la predicazione nel sedicesimo anno di Tiberio, quando Gesù aveva 30 anni. Sembra comunque, in base ad altri passi dello stesso Vangelo di Luca e di quello, scritto in aramaico, di Matteo, discepolo del Messia, che Gesù sia stato concepito e generato prima della morte di Erode il Grande, che lo storico Giuseppe Flavio fissa nella sua "Guerra Giudaica" al 750 'ab urbe condita' e quindi la data suddetta andrebbe spostata indietro di quattro anni.D'altronde, ancora Luca dice, però, che Maria dovette recarsi a Betlemme per il censimento, quando governatore della Siria era Quirino e allora la data di nascita di Gesù dovrebbe essere spostata in avanti di 6/7 anni.Betlemme stessa, come luogo di nascita dei Messia, sembra poco probabile. Si tramanda così per accreditarne la discendenza da David, come volevano i testi profetici (Michea 4,1). E' più verosimile che sia nato a Nazareth, ma allora forse si sarebbe dovuto attribuire fiIologicamente a Gesù l'epiteto di Nazaretano e non di Nazareno, che significherebbe più propriamente appartenente alla setta nazarena di cui ci parla Epifanio.Quanto al giorno di nascita, poi, non si può asserire quasi nulla, in quanto i Padri stessi della Chiesa avevano suggerito, prima del IV secolo, varie date: 6 gennaio, 28 marzo, 2 o 19 aprile, 29 maggio e 18 novembre.Il 25 dicembre e' attestato dal 335/336 (evidentemente non si poté ufficializzarne la data prima del 313, anno dell'editto di Costantino, con cui si liberalizzava il nuovo culto cristiano) e poi e' riscontrabile nel 354 nel Cronografo Romano, che proponeva un elenco di martiri (Deposìtio Martyrum).Precedentemente Aureliano aveva voluto dedicare tale giorno al culto di Mithra, il dio dell'iranismo, uccisore del sacro toro, celebrato in antri e templi sotterranei, col suo corteo di sapienti e magusei detti pure pireti (accendítori del sacro fuoco). Ancora prima i Romani avevano dedicato il Solstizio d'Invemo al "Dies Natalis Solis Invicti", cioe' al disco solare, che una leggenda faceva nascere con un parto miracoloso dalla Vergine celeste, regina del mondo.Il culto solare, comunque, ha espressioni ben più antiche (Kheper, Atum, Ra e poi Aton presso gli Egízi, Baal a Baalbeck in Siria e inoltre presso Babilonesi, Assirí, in Persia etc.) Le analogie di data o di altro tipo con i precedenti culti pagani, tuttavia, sono più di una:
il dio egizio Osiride aveva concepito in marzo il figlio Oro (Horas) e questi era nato il 25 dicembre
per i Greci Dioniso era nato da un a vergine il 25 dicembre
stessa data per la nascita verginale dei Budda
gli Scandinavi festeggiano i natali di Freír, figlio di Odino e Frigga, al solstizio d'inverno
i Saturnali erano le giornate (dal 21 dicembre a fine anno) in cui a Roma si festeggiava Cronos (Saturno), cui era anche dedicato l'ultimo mese dell'anno.
Il 25 dicembre stesso e' una data errata. Era ritenuto infatti il giorno del solstizio d'inverno a causa del ritardo accumulatosi per le imprecisioni del calendario giuliano.Anche il 13 dicembre, a causa sembra dello steso tipo di errore, in senso inverso stavolta, era stato identificato come giorno solstiziale (cioe' quello più corto, e la notte e' detta 'notte della luce"). Ora si festeggia in tale data Santa Lucia, la santa della luce, in quanto martire accecata.La distanza, poi, fra le date dal 13 al 25 dicembre dal 25 dicembre al 6 gennaio è costituita da 12 giorni (noti come "calende" che valgono a rappresentare all'inizio dell'anno i 12 mesi futuri (presagio delle calende).Il ceppo o ciocco, che tradizionalmente si pone sul fuoco a Natale, deve continuare ad ardere (si spegne al mattino e si riaccende ogni sera) fino all'Epifania, per poterne trarre buoni auspici.Il ceppo messo a bruciare da' luce e calore, i medesimi doni del sole. E nella saga del nostro Medioevo troviamo l'Albero Secco, detto anche Albero del Sole.Ed ora siamo arrivati a parlare dell'Albero di Natale, albero di doni, cioè dispensatore di abbondanza e di ogni "ben di Dio" (allo stesso modo dell'albero della cuccagna), come principio di generatività. Nella simbologia dell'Eden c'e'un albero al centro dei mondo, l'Albero Cosmico, l'Asse del Mondo, forza che sostiene ed alimenta l'Universo; ne pone in comunicazione i vari livelli ed è simbolo del luminare maius, il sole.L'Albero del Mondo veniva raffigurato, nelle miniature medievali, con le radici rivolte verso il cielo, come gli alberi del Purgatorio di Dante, così come l'albero Acvattha indiano. Parallelamente, in altre mitologie, troviamo l'albero paradisiaco Haoma dei persiani, PAC bero del Vello d'Oro degli Argonauti, l'albero delle mele auree del giardino delle Esperidi, etc.Nel Nuovo Testamento il puiítuale corrispettivo dell'albero edenico e' l'albero della Croce (per la medievale Legenda Crucis la croce venne costruita col legno dell'albero piantato al centro dell'Eden).La scelta dell'albero come simbolo del Natale viene fatta risalire da una leggenda tedesca a Martiri Lutero. Non sempre si riscontra l'abete, bensì spesso anche altri alberi come la quercia (si ricorda a Dodona quella sacra a Zeus oppure quella *sacra ai Germani, che secondo un'altra leggenda San Bonifacio abbattè a Geismar, donando poi per compenso un abete), il leccio, il pino, il cedro, il cipresso, il frassino (quello di Odino ed 2 frassino Yggdrasil dell'Edda), l'alloro (che a Creta era chiamato l'albero del Sole), il ginepro (che avrebbe dato riparo alla Sacra Famiglia in fuga verso l'Egitto), l'agrifoglio, il caprifoglio, il pungitopo, il vischio (che i sacerdoti celti della Gallia, cioè i druidi, vestiti di bianco, saliti su di una quercia, nei giorno del solstizio, come ci descrisse fedelmente Plinio il Vecchio, tagliavano con una piccola falce d'oro per farne cadere un rametto su di un candido lino), il biancospino, il rosmarino,la rosa di Natale, la rosa di Gerico, l'edera.La distribuzione dei doni, in particolare ai bambini, non viene realizzata sempre e dovunque sotto l'albero, ma pure con la consegna diretta da par,.e dì Gesù Bambino, o di Babbo Natale o dei suoi corrispondenti russi Nonno Inverno o Nonno gelo (Died Moroz). Ne' avviene costantemente a Natale, ma pure all'Epifania (con i Re Magi o la Befana, la "Vecchia" che si brucia o si sega, per 'buttar via" l'anno trascorso), a Capodanno (festa della Circoncísione di Gesù e festa pure della Madre di Cristo); San Silvestro, che invece ricorre il giorno prima, 31 dicembre ultimo giorno dell'anno, e' il battezzatore di Costantino, l'imperatore che ha cristianizzato l'Impero Romano (la chiesa di S. Sílvestro a Roma è sorta sull'area del tempio dei sole di Aureliano: altro esempio di sovrapposizione di culti pagani).In alcune zone viene effettuata, invece, alla ricorrenza di Santa Lucia (13 dicembre) o di san Nicola di Bari -San Nicola di Myra- (ricorrente il 6 dicembre) Santa Claus (San Niklaus) per i Tedeschi e St. Nick per gli Scandinavi ovvero il pìu' antico progenitore del nostro attuale Babbo Natale che ogni anno riparte dalla sua casa finlandese (a Rovaniemi, in Lapponia) su dì una slitta carica di doni trainata da renne.Un accenno ai Magi ed al loro corteo, guidato dalla cometa resasi visibile nella costellazione del Leone, simbolo della Giudea. A tale stella faceva riferimento, nel Vecchio Testamento (Numeri 24, 17) la profezia di Balaam, indovino chiamato da Balac, re dei Moabiti, che vedeva insidiato il suo regno da Mose'; sembra che di essa fossero al corrente. i sacerdoti persiani del profeta della religione iranica Zarathustra (Zoroastro).Dei Magi parla il Vangelo di Matteo, anche se non svela il mistero della loro regalità ne' della provenienza e non ne menziona neppure il numero. Si pensa che col termine Magi o Magusei si indicassero, allora i sapienti ed i sacerdoti delle religioni orientali. In seguito vennero confusi con i sacerdoti babílonesí (mediorientali), i Caldei, dediti allo studio degli astri, di qui la identificazione con indovini, negromanti, maghi. Il numero più attestato nelle fonti e', come noto, tre e tre sono anche quelli rappresentati nella piu' antica pittura conservata: quella del III secolo della cappella greca nella catacomba di Priscilla a Roma. Che fossero poi Re e' altrettanto incerto e quanto ai loro nomi ne appaiono diversi, in svariati documenti, tutti comunque abbastanza tardi (VI IX sec.) La medievale leggenda aurea di Jacopo da Varagine (Varazze) (ca. 1230 -1298) ne riporta i nomi greci, ebraici e latini: tutti ben differenziati fra di loro.I doni tradizionalmente recati hanno indubbiamente un significato simbolico: infatti l'oro e' segno della regalita', l'incenso della natura divina della missione di Cristo e la mirra del suo destino mortale.Rimane da dire qualcosa ancora del Presepe, di cui i Magì sono immancabili comparse. Il primo presepe (vivente) sembra sia stato quello rappresentato a Greccio (vicino a Ríeti) da San Francesco d'Assisi, il Natale del 1223, secondo quanto racconta il suo cronista Tommaso da Celano (1190 -1260). Forse non tutti sanno, invece, che la basilica romana di Santa Maria Maggiore, nella quale fu celebrata da Onorio VI la prima Messa di Natale, e' detta anche di Santa Maria "ad Praesepe', in quanto custodisce reliquie della Santa Culla (cioe' tavole della mangiatoia di Betlemme). La costruzione di presepi ha raggiunto spesso, nel. corso dei secoli, elevati livelli di espressione artistica. Alcuni pregevoli esempi, fra i tanti ivi conservati, possono essere ammirati anche presso il Museo del Presepe a Brembo di Dalmine.

FULVIO SCALABRIN (da www.gruppoarcheologicobergamasco.org)




La "Cappella Sistina" dei Maya
Aristide Malnati


Una camera affrescata a colori vivaci e intensi, con raffigurate le scene dei principali miti e delle divinità di base del vasto pantheon maya, identificata da archeologi americani nella zona di El Peten, nel Guatemala del nord.Una volta tanto ci allontaniamo dalla consueta indagine delle civiltà mediterranee, volta a seguirne e a presentarne le scoperte di maggior peso, e ci avventuriamo nell’esplorazione della civiltà maya, fiorita in un’area lontana e periferica rispetto alla classicità. Sembra non inutile ricordare come la civiltà maya, storicamente manifestatasi in America Centrale, ha origini assai lontane nel tempo: i primi insediamenti si possono collocare attorno al 1500 a. C., anche se è solo attorno al 300 a. C., che sarebbe avvenuto il passaggio a una vera e propria struttura sociale urbanizzata.Con le città, simili a cittàstato, che tanto ricordano le "pòleis" greche, si è diffusa una cultura uni-forme in tutto il territorio maya; centri pienamente e armonicamente sviluppati, come Tikal, Copan, Bonampak e Palenque, rimasere fiorenti fino attorno all’ 800-900, quando potenze straniere della regione destabilizzarono i centri maya e ne avviarono l’inesorabile declino. Ecco un primo punto fermo, una piccola rivoluzione messa in atto da una recente scoperta archeologica, che concerne Cancuen, maggior centro maya dell’epoca.
"L'ottimo stato delle pitture mostra che gli antichi Maya erano giunti a un alto grado di sofisticazione e di eleganza molto prima del periodo classico della loro civiltà, che risale al VII secolo d.C.".William Saturno, University of New Hampshire

San Bortolo - Il disegno del grande murale e un suo particolare in foto e disegnato
"Siamo autori di un piccolo rinnovamento nel campo degli studi precolombiani! Possiamo dirlo con buona certezza: i Maya non scomparvero in seguito all’arrivo dei conquistadores spagnoli, ma al termine di un lungo processo di decadimento, che fu innescato da un fatto di sangue avvenuto attorno all’800 d. C. e di cui abbiamo trovato le evidenze archeologiche”.E’ perentorio nelle sue conclusioni Demarest. Gli archeologi nell’ultima campagna di scavo, conclusa recentemente, si sono imbattuti nei resti dell’evento cruciale del declino dei Maya: la distruzione del centro abitato di Cancuen, all’epoca il più fiorente di tutto il regno grazie agli ingenti commerci con l’intera regione mesoamericana, e l’esecuzione rituale di 50 maggiorenti della corte reale, che lì risiedeva.Ma non è tutto: il nemico "invisibile" non solo eliminò l’intera Dinastia reale, ma distrusse simboli del culto e del potere politico (statue, monumenti), determinando di fatto l’impossibilità di ripresa a qualsiasi livello. Il team di ricercatori americani, che si avvale della collaborazione di archeologi guatemaltechi e di studiosi in forza all’Istituto Archeologico Francese di Città del Messico, ha disseppellito gli scheletri, perfettamente conservati dalla fanghiglia abbondante nella giungla tropicale, di centinaia di persone: tra di loro almeno 31 nobili, gettati nella cisterna dell’acqua, un’altra dozzina in una fossa comune vicino al palazzo reale e - scoperta notevole - i corpi del sovrano Kan Maax e della regina sua sposa, buttati senza alcun riguardo in una fossa poco profonda lì vicino. Gli abitanti di Cancuen erano perfettamente consci del pericolo dell’attacco alla loro comunità, come rivelano i fossati scavati di fretta e le palizzate in legno e in pietra erette all’ultimo momento e non completate, disperato tentativo di una difesa, risultata poi vana. Simili baluardi permettono poi di comprendere che i Maya vennero attaccati proprio nel cuore del loro potere politico da un nemico esterno, probabilmente risiedente sugli altipiani dell’odierno Messico: "Probabilmente ci diranno qualcosa i resti di armi, come frecce, lance, asce, impiegate nella battaglia, che fanno pensare a una prima analisi a un progredito popolo di guerrieri", fa notare Demarest. Le ragioni del crollo dei Maya, civiltà che prosperò per più di 1500 anni in America Centrale, sono state indagate da generazioni di americanisti e hanno dato vita a una disparata ridda di interpretazioni: siccità, terremoti, pestilenze o guerre sanguinose.Sono comunque tutti concordi nel ipotizzare un crollo lento e inesorabile consumatosi nel giro di alcuni secoli e portato a definitivo compimento dall’arrivo degli spagnoli. In ogni caso quel che sembra certo, alla luce dei recenti rinvenimenti, il processo è stato innescato dall’attacco cruento a Cancuen, che è stato fissato nel tempo come un’istantanea, ancora perfettamente leggibile dagli occhi degli archeologi.

"È come se alcuni archeologi del futuro che hanno conosciuto solamente le opere dell'arte moderna scoprissero un giorno i dipinti di Michelangelo e di Leonardo Da Vinci, in particolare la Sistina in San Pietro".William Saturno, University of New Hampshire
E, se archeologi di diversa estrazione risolvono uno dei più grandi misteri legati ai maya, altri studiosi non sono da meno ed identificano evidenze archeologiche di importanti elementi di vita quotidiana di quel lontano popolo. E’ stato scoperto il più antico campo di calcio maya: risale a 25 secoli fa e, come ha reso noto l’archeologo Fernando Acevedo, è stato trovato durante i lavori edilizi per costruire delle case nei pressi della città di Merida, nello stato di Yucatan.Realizzato appunto cinque secoli prima di Cristo, è lungo 25 metri e largo 4,5 e insieme ad altre scoperte avvenute nella stessa zona, consentirà in parte di "riscrivere la storia dei maya", poiché non si sapeva esistessero strutture nella regione nordovest dello Yucatan.Per questa civiltà, come in altre culture mesoamericane, il gioco del calcio adempieva una funzionerituale, e il relativo campo veniva costruito all’interno dei recinti cerimoniali fin da almeno 3.500 anni fa. Il gioco costituiva la spiegazione della creazione del Sole e della Luna, avvenuta dopo una partita tra gli dei Hunahpu e Ixbalanqué contro i signori del Sottomondo.Ma il rinvenimento recente più eclatante è quello di una camera affrescata a colori vivaci e intensi, con raffigurate le scene dei principali miti e delle divinità di base del vasto pantheon maya: una sorta di "Cappella Sistina", identificata da archeologi americani nella zona di El Peten, nel Guatemala del nord. Si tratta di pitture murali policrome (nove metri in lunghezza e un metro di altezza) risalenti al I secolo avanti Cristo.Abbondano i gialli, gli arancioni, i blu, i grigi e i rossi. I murales, che rappresentano la storia della creazione e del regno dei Maya, hanno al centro la scena dell’incoronazione del dio del mais e sono i più antichi dipinti murali conosciuti dell’antica civiltà centroamericana, proprio allo scaturire del periodo classico I murales si trovano sulle pareti interne di una delle piramidi del sito: “Sono un capolavoro” secondo William Saturno, professore dell’University of New Hampshire e direttore del progetto, che li ha paragonate ai dipinti di Leonardo da Vinci e di Michelangelo. Gli studiosi stanno ancora discutendo sulla funzione che la stanza decorata avrebbe avuto nella cultura maya e Saturno ha suggerito che potrebbe trattarsi di una stanza in cui il re faceva le prove generali delle sue performance pubbliche.

Nel sito dei ritrovamenti, chiamato San Bartolo, erano già stati rinvenuti quattro anni fa alcuni dipinti e la più antica tomba reale centroamericana conosciuta finora.Ulteriori test al radiocarbonio sui dipinti hanno in seguito rivelato che la parte centrale dei murales era di 200 anni più antica rispetto a quanto era emerso in un primo momento e in uno stato di perfetta conservazione, al punto che, secondo l’archeologo “sembravano essere stati dipinti il giorno prima”.Per spiegare l’eccezionalità della scoperta lo studioso del New Hampshire ha poi aggiunto: "È come se alcuni archeologi del futuro che hanno conosciuto solamente le opere dell’arte moderna scoprissero un giorno i dipinti di Michelangelo e di Leonardo Da Vinci, in particolare la Sistina in San Pietro".La camera con i disegni, che riguardano temi mistici, rivoluzionano, secondo lo scopritore, tutto quello che finora si pensava di conoscere sugli inizi delle civiltà precolombiane; inoltre l’importanza consiste, come anticipato, nel fatto che gli affreschi, che si estendevano sui quattro muri della stanza - solo due dei quali erano ancora in piedi al momento del ritrovamento -, si ispirano alla mitologia maya sulla creazione, con le quattro divinità che rappresentano l’acqua, la terra, il cielo e il paradiso. Al centro si trovano invece due scene d’incoronazione, una raffigurante il dio dei raccolti l’altra un re vero. "L’ottimo stato delle pitture - ha spiegato Saturno - mostra che gli antichi Maya erano giunti a un alto grado di sofisticazione e di eleganza molto prima del periodo classico della loro civiltà, che risale al VII secolo d.C.". Il muro ritrovato fornisce poi la prova definitiva del fatto che i Maya, conosciuti per i progressi ottenuti nell’astronomia e nella matematica, impiegarono lo stesso rito d’incoronazione reale per oltre 800 anni.Infine i maya e le donne: l’importanza dell’elemento femminile in una società apparentemente maschilista.Niente di più errato!A rivelarlo l’ennesima, recente scoperta, di una cultura, che mai come in questi ultimi tempi ha rivelato straordinarie e arricchenti sorprese. Un’archeologa dell’Università di Calgary ed il suo team internazionale di ricercatori ha ritrovato il primo ritratto conosciuto di una donna inciso nella pietra, a dimostrazione appunto del fatto che anche le donne occupavano posizioni autorevoli all’inizio della storia Maya, come regine e divinità protettrici.













Mappa del sito archeologico di San Bartolo

La scoperta è stata effettuata nei mesi scorsi in Guatemala presso il sito di Naachtun, una città situata a circa 90 km nella folta giungla a nord del famoso centro di Tikal. Il volto della donna - inciso su una stele datata al IV secolo d.C. in uno stile artistico mai visto - suggerisce inoltre che le donne avessero un ruolo centrale anche nella politica e nell’amministrazione pubblica. La donna potrebbe infatti essere una figura storica, anche se Kathryn Rees-Taylor, direttrice del team e autrice della scoperta, avanza l’ipotesi che si possa trattare di una figura mitica. Sono pochi ad essere convinti da una simile ipotesi: iscrizioni geroglifiche del Tardo Periodo Classico (600-900 d.C.) menzionano divinità femminili, ma nessuna era mai stata scoperta su una stele."Quando i testi geroglifici menzionano donne, sono sempre le mogli o le madri di qualche personaggio maschile", dicono gli esperti e pensano a un personaggio realmente esistito. La stele misura due metri di altezza, uno in larghezza e 50 cm di profondità: era stata seppellita dai propri costruttori all’interno di un antico edificio, dopo che la città fu attaccata e le iscrizioni cancellate dalle forze nemiche. Il seppellimento era un atto riverenziale che significava onore all’individuo la cui immagine era incisa sul monumento e, in questo caso, il gruppo scultoreo era completato dall’immagine di un infante, che a maggior ragione permette di pensare che siamo in presenza di personaggi storici.Ne sono certi in molti, tra cui Julia Guernsey, professoressa di Storia dell’Arte Precolombiana all’Università del Texas di Austin, che aggiunge."Se questo individuo è, come tutto lascia credere una donna storica, significa che il suo ritratto predata di oltre cento anni altre rappresentazioni su stele di donne potenti nei Bassipiani Maya nel Periodo Classico.Significa inoltre la necessità di rivalutare il ruolo e lo status delle donne all’interno delle dinamiche del Primo Periodo Classico"."L’altro aspetto affascinante dell’immagine è la sua rappresentazione formale, o stile. Il fatto che il corpo della figura sia completamente assente e l’attenzione focalizzata sulla testa e sul copricapo è molto interessante ed insolito", conclude la studiosa americana.

Aristide Malnati (da http://www.leadershipmedica.com/)


Agatha Christie appassionata di archeologia?

L'avevamo capito leggendo, per esempio, Assassinio sul Nilo, ma è stato possibile scoprirne i dettagli di questa passione visitando la mostra "Agatha Christie e l'Oriente: criminologia e archeologia", organizzata in varie città d'Europa nel 2000. La scrittrice inglese accompagnò per anni il marito archeologo, sir Max Mallowan, nelle sue campagne di scavo in Iraq e Siria, lo aiutò nel suo lavoro di catalogazione e conservazione dei reperti e scattò fotografie. La mostra presentava reperti scavati da Mallowan, fotografie inedite, prime edizioni di libri, cimeli di vario tipo e un inedito filmato a colori, girato dalla stessa Christie nel 1938 durante gli scavi di Tell Brak.

da www.librialice.it




LAURA BIAGIOTTI E L'ARCHEOLOGIA

Il mio rapporto con l’arte inizia sin dall’infanzia, ricordo l’amore per il bello che mi ha insegnato mio padre Giuseppe. L’amore per l’arte (Roma ne è la culla da millenni) mi è stato instillato sin da bambina: con mio padre, che era appassionato di musica, d’architettura, di pittura, giravamo nella bella, poco popolata, Roma degli anni ’50 con la gioia di carpire con gli occhi e con il cuore tante bellezze e certe indimenticabili atmosfere metafisiche del dopoguerra. Poi ho cominciato molto giovane a viaggiare per l’Italia e per il mondo intero. Ma di quegli anni iniziali mi sono portata dietro intatta la curiosità e la sete di cultura e di bellezza. L’amore per il bello che mi hanno insegnato si riferisce anche e soprattutto alla natura, nei suoi spettacoli continui e in eterno divenire.Finito il liceo classico mi iscrissi alla facoltà di Lettere e stavo specializzandomi in archeologia cristiana, quando mi sono trovata “catturata” dal lavoro di mia madre Delia, che aveva una sartoria di Alta Moda. Devo il mio mestiere agli insegnamenti e all’amore di mia madre e soprattutto devo a lei la religione del lavoro, nel rispetto degli impegni assunti e delle persone che partecipano alle nostre imprese. Ho dovuto prendere a vent’anni una drastica decisione e scegliere definitivamente tra lo studio delle catacombe paleocristiane e la passione per la moda.Resta comunque una traccia di questi studi nel mio modo di lavorare: amore per la ricerca, pazienza, attitudine mentale allo studio del fenomeno moda come espressione primaria dei comportamenti umani.

da www.argoeditore.net

 
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